Ippocrate († 491 a.C.), in greco Hippokrátēs, in latino Hippocrătes, fu il secondo tiranno di Gela e governò dal 498 al 491 a.C..
Ippocrate, consolidato il potere, si premurò di dare esecuzione al grandioso disegno concepito dalla collettività geloa, la quale divenuta ricca e potente, agognava alla fondazione di uno stato con Gela metropoli; per cui si rendeva necessaria l’unificazione di tutte le città siceliote, le quali si reggevano isolate e divise in tanti piccoli stati, indipendenti l’uno dall’altro.
I larghi mezzi che la prosperità di Gela metteva a disposizione di Ippocrate, gli permisero di costituire un forte esercito, col quale mosse alla volta delle città di Callipoli, Leontini, Nasso, Ergezio e Zanche (odierna Massina) che conquistò e sottomise, istituendo in ognuna di esse un governo assoluto sotto il suo dominio di uomo lungimirante e avveduto.
Tutta o quasi la Sicilia orientale cadde sotto la dominazione geloa, solo Siracusa sfuggi al suo dominio e questo avvenne per l’intervento di Corcira e Corinto
Per il completamento e la sicurezza della dominazione geloa era importante avere in possesso la città di Siracusa, per due importanti motivi: 1°. essendo Siracusa posta in un punto centrale tra la costa meridionale e quella orientale gli avrebbe permesso un controllo e una vigilanza costante sui territori conquistati e sottomessi: 2° più importante ancora era il porto, Siracusa possedeva un grande e sicuro porto, ciò che mancava a Gela, che gli avrebbe assicurato le comunicazione e gli scambi commerciali con l’oriente e la dominazione del mare. Il grande porto di Zancle, che dominava lo stretto, invece gli serviva per controllare e sorvegliare tutto il movimento delle navi.
Ippocrate aspettava il momento opportuno per muovere guerra a Siracusa, e questo gli fu offerto dalla guerra dei Camarinei contro i siracusani (Camarina venne fondata dai siracusani nel 627 A. C.).
Vinse Siracusa che si impadronì della città e la distrusse. In quella guerra accanto ai Camarinesi combatterono alcuni geloi e Ippocatre adducendo vendetta per i morti geloi, mosse guerra alla città di Siracusa che affronto nei pressi del fiume Eloro, (492 A. C.) dove l’eroismo di Cromio eccelse, e venne immortalato da Pindaro (Ode Nemea 1, traduzione di Ettore Romagnoli, Cromio aveva sposato la sorella di Gelone e fu sempre amico dei Dinomenidi. Giovanissimo combatte all’Eloro con Ippocrate, di seguito ad Himera con Gelone e con Gerone a Cuma).
Arrivato sotto le mura di Siracusa si stava apprestando ad invaderla quando in soccorso dei siracusani vennero le città di Corinto e Corcira a far da pacieri, e in quel momento Ippocrate non voleva farsi nemiche le due potenti città accettò di non invadere Siracusa e di stipulare un trattato di pace.
Tra i patti di pace Ippocrate concesse a Siracusa il riscatto dei prigionieri, ed impose che Camarina con tutto il suo territorio fosse sotto la sua giurisdizione. Infatti fece riparare i danni della città e la ripopolò con una colonia mandata da Gela. (Lo stato di Camerina in larghezza aveva per confine ovest il fiume Acate “Dirillo” e dalla parte Est il fiume Irminio “Ragusa”).
I siculi, intanto, erano cacciati nell’entroterra dai greci man mano che si insediavano nell’isola e fondavano colonie e città. Col tempo parti di essi si assimilarono e si confusero coi nuovi arrivati. Si sa da Polieno, che i siculi, come mercenari, avevano combattuto a fianco di Cleandro, primo tiranno di Gela, e dopo la morte di costui, continuarono a servire Ippocrate. Ciononostante, ritenevano i dorici usurpatori dei loro territori e della loro libertà.
Quest’odio in seguito sfocio in una generale insurrezione, capitanata dall’infelice ed eroico Ducezio, loro re.
Ippocrate venne a sapere per tempo che i siculi , visto che i geloi erano impegnati nella guerra contro Siracusa , si stavano organizzando per attaccarlo alle spalle, violando il patto di non aggressione che gli permetteva di non incontrare ostacoli nel controllare le città conquistate, cioè Zancle, Nasso, Ergezio, Callipoli e Leontini.
L’urgenza di soffocare per tempo questa minaccia indusse Ippocrate ad accettare una pace qualsiasi con Siracusa ed impegnare subito il suo esercito contro chi aveva violato i patti.
I Siculi finché Gela e Camarina erano ostili a Siracusa, città che ritenevano accentratrice della stirpe dorica, li sostenevano ma quando si accorsero che la politica di Ippocrate mirava all’unificazione della stirpe greca, pensarono di creargli dei fastidi nei suoi possedimenti lontani, per cui Ippocrate pensò bene attaccarli e li attaccò nella loro roccaforte d’Ibla.
Disperata ed eroica fu la difesa dei siculi, ma Ippocrate riportò la vittoria che sventuratamente pagò con la vita per le numerose ferite riportate in battaglia.
Lasciò il regno ai suoi due figli Euclide e Cleandro, sotto la tutela e protezione del suo congiunto Gelone, generale della cavalleria geloa. (Nei combattimenti in campo aperto gli eserciti greco-siculi, usavano la biga da guerra. Solo Gela aveva sostituito quest’arma di combattimento con colonne di cavalleria, la cui manovra permettevano le sue piane terre e per disponibilità dei cavalli che i suoi ricchi allevamenti le fornivano).
Sotto il governo di Ippocrate, Gela raggiunse il suo massimo splendore e potenza, fu ricca e fiorente sopra ogni città siciliota, da tutti ammirata e temuta.
Le vittorie riportate da quell’illustre tiranno, si attribuiscono in massima parte al talento di Gelone, comandante della cavalleria, il quale fu un generale abile, avveduto e un grande stratega; ed anche al geloo Enesidano, comandante dei mercenari. (Da questo generale geloo discese Terone, tiranno di Agrigento, di cui tanto si occupa la storia siceliota, le cui gesta vennero esaltate dagli immortali versi di Pindaro “Ode Olimpia II e III tradotti da Ettore Romagnoli).
Ippocrate regnò sette anni e morì nel 491 A. C.