Il filosofo di Gela, allievo di Teofrasto e di Stilpone, visse tra il IV e il III secolo a.C. Parla di lui Diogene Laerzio (II, 113, 114):
"Stilpone di Megara di Grecia fu alunno di alcuni dei seguaci di Euclide, secondo altri dello stesso Euclide e secondo Eraclide anche di Trasimaco di Corinto, che era amico di Ictias. Per l'invenzione degli argomenti e per la capacità sofistica primeggiò tanto sugli altri che quasi tutta Grecia volse lo sguardo verso di lui e seguì la scuola megarica. Su di lui Filippo megarico così si esprime testualmente:
- Da Teofrasto attrasse a sé Metrodoro il Teoretico e Timagora di Gela (...) -". (Op. cit.)
Purtroppo altro non si può dire sul sofista gelese, valendo anche per lui le deduzioni già portate avanti in considerazione del filosofo Simmia, che dovette aver frequentato Timagora assieme al maestro e genero Stilpone. La dottrina di Euclide che venne impartita a Timagora deriva dagli insegnamenti morali socratici descritti nei lavori di Platone. Ma questi vennero integrati dalle teorie portate avanti dalla scuola eleatica (sorta in Elea, in Campania); si giunse così a identificare il Bene supremo con l'Essere descritto da Parmenide. L'Essere teorizzato da Parmenide è uno ed eterno, ed è l'unica cosa che può essere oggetto dei pensieri umani se questi sono guidati da ragione e non dalle apparenze mostrate dai sensi. Parimenti, per Socrate (a quanto attesta Aristotele), solo la ragione può guidare l'uomo tra le incertezze delle opinioni dei singoli. Ma ciò che più attirò i discepoli, e Timagora tra essi, della scuola megarica in Socrate fu la concezione del sommo Bene sostenuta dal maestro umanissimo, da applicare in pratica e grazie all'ausilio della conoscenza, annullatrice con la ragione della malvagità.