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Strumento indispensabile dell’attività commerciale fu la moneta; inventata poco dopo il 700 a.C. fu da prima d’elettro (una miscela naturale d’oro e argento che era realizzata da individui ricchi con impresso il loro sigillo), poi di metallo fuso, argento e oro; il monetiere: é un campione di 72 monete d’argento del tesoro di Gela così suddiviso: Agrigento n.23, Gela n.16, Siracusa n.13, Reggio n.1, Zancle n.2, Acanto n.2, e Atene n.15. Lunedì 23 luglio 2001 è una data importante per il Museo di Gela in quanto è stato riaperto il Monetiere, una collezione monetale tardo-arcaica unica del suo genere in tutto il mondo con circa 2000 monete che vanno dal V sec. a.C. al periodo sabaudo, passando per i periodi romano e medievale. Solo la polis aveva il potere di emettere moneta e di garantirla con il proprio simbolo. Il sistema monetario che dall’Età di Pericle in poi ebbe la prevalenza nel mondo greco fu quello ateniese, basato sulla "dramma", un’unità di misura pari a 4,35 grammi d’argento.
Le monete e le medaglie di Gela effigiavano i suoi tiranni, il Minotauro, una spiga di grano ed i cavalieri (la fama della cavalleria geloa era largamente diffusa nella tradizione degli scrittori antichi). Una delle monete più conosciute oggi é il Tetradramma di Gela con la protome del toro "androprosopo", cioé a testa umana con attributi taurini, personificazione del fiume Gela ed emblema della monetazione geloa; su tali motivi gli antichi maestri incisori di Gela esercitarono tra il VI e il V secolo a.C. la loro capacità di creare capolavori tra i più ammirati della numismatica siceliota. Gli attributi della spiga e del grano e del chicco dell’orzo nella monetazione, posti accanto al simbolo del fiume, chiaramente fanno rilevare che la città di Gela trovava la sua ragione di vita e di prosperità nell’industria agricola, e principalmente dall’abbondanza di tali cereali, dovuti alle provvide acque del Gela, con le quali si beneficiavano i feraci campi per mezzo delle irrigazioni. I periodi di libertà (democrazia) sono espressi invece col simbolo del cavallo sbrigliato mentre i trionfi olimpionici (Gela fu la prima città siceliota ad essere rappresentata nel Grande Santuario Nazionale di Olimpia) erano rappresentati con la ruota del carro: prima Pantares (nel 488 a.C.), cittadino geloo, e dopo (474 a.C.) Polizelo, tiranno di Gela, vinsero la gara della corsa dei carri rispettivamente in Olimpia (27) ed a Delfi(28); lo stesso Polizelo, in onore della vittoria, donò a quest’ultima città greca una quadriga di bronzo, andata perduta, cui apparteneva il famoso Auriga che si conserva oggi nel Museo di Delfi; i simboli del pesce e del pellicano rappresentano l’abbondanza della pesca e della caccia; la colonna dietro i cavalli della biga raffigura la dovizia dei suoi templi; la figurazione del cavaliere ignudo, a cavallo di un ariete corrente, rappresenta la ricchezza delle sue mandrie.
Fonte: Nuccio Mulè |